Domande sulle valanghe

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Se avete altre domande, non esitate a mandarmele tramite il formulario di contatto!

Tutti i ARTVA vengono venduti con un supporto/astuccio per poter trasportare l’apparecchio a contatto con il corpo. In generale, tale supporto permette di portare il ARTVA sul petto, non troppo lontano dalla testa, ed è quindi la posizione preferibile. Tale posizione farà salvare tempo prezioso in caso di soccorso visto che la distanza che sarà scritta sullo schermo del soccorritore sarà vicino appunto alla testa ! Inoltre è il posto meno esposto, piu’ caldo e meno ingombrante.
Ci sono tuttavia dei casi particolari nei quali è raccomandabile NON portare il ARTVA sul petto :

In caso si abbia un « pacemaker » o regolatore di ritmo cardiaco

Sono in montagna con un apparecchio di misura della frequenza cardiaca (cardiofrequenzimetro)

Lavoro con la radio in permanenza sul petto (patrol, soccorso professionalisto etc.)

Nei casi descritti il ARTVA puo’ essere postato nella tasca frontale o laterale del pantalone, logicamente chiusa con zip. Le tasche posteriori sono da sconsigliare, vista l’esposizione al freddo e agli urti in caso di caduta !

Un test sulla solidità delle pale da neve effettuato da un organo indipendente ha messo alla luce la fragilità di alcuni modelli di pale. In tale test, i modelli in materiale sintetico (plastica) hanno mostrato svariati punti deboli e la loro relativa fragilità di fronte a neve dura. Se una pala sintetica deve spalare sulla neve compatta e relativamente dura, essa avrà la tendenza a piegarsi e a ‘rimbalzare’, andando ad incidere ad una penetrazione efficace della lama. In più, la durata di vita di tali materie sintetiche è limitata nel tempo, e non si può garantire che non si rompano proprio nel momento in cui ne abbiamo bisogno. Tali limiti ci spingono a consigliare le pale in lega di alluminio, resistenti e leggeri allo stesso tempo.

I punti importanti da considerare quando si sceglie una pala da neve:

  • Una lama con bordi laterali relativamente alti per non far volare la neve dalle parti mentre la lanciamo.
  • Un bordo seghettato sarà più efficace, ma ci sarà il rischio di ferire la vittima…
  • Un bordo superiore piatto permetterà di spingere con i piedi. Bisogna comunque stare attenti a non spingere troppo, considerando che abbiamo comunque una pala leggera… !
  • Un manico telescopico a sezione non rotonda, che permetterà un più veloce montaggio dei pezzi e che permetta una buona leva. I manici troppo corti sono inutili !
  • Un manico robusto garantirà la solidità in caso di neve dura! Dobbiamo comunque evitare di forzare mentre stacchiamo i blocchi. Blocchi più piccoli saranno più facili da staccare rispetto a blocchi di maggior volume…
  • Un’impugnatura a D sarà più efficace e più polivalente, indipendentemente dai guanti che usiamo.

Nota bene: la pala non è un semplice gadget decorativo per il nostro zaino, è anzi un elemento chiave del soccorso. Con una pala inutilizzabile le chance di sopravvivenza si riducono esponenzialmente…

I punti di forza dell’impugnatura a T sono l’ingombro ed il peso minimo. È però molto più difficile da tenere con le muffole (ecceto la nuova impugniatura a T di Mammut su la Alugator Light o la Alugator Pro T).

L’impugnatura a D, più grande, offrirà una presa nettamente migliore con qualsiasi tipo di guanto o muffola. Inoltre, permette una presa migliore a delle mani piccole conferendo loro più forza !

Sondare e « toccare » la vittima è per il soccorritore un prezioso aiuto tanto psicologico quanto fisico. Sapere con precisione dove scavare permette di concentrarsi sul lavoro da fare ed essere più efficaci. Il toccare con la sonda fa guadagnare del tempo prezioso nello scavo – fino a 10 minuti per metro di profondità !
Dobbiamo purtroppo considerare anche il caso in cui la vittima ha il telefono, o qualsiasi altro oggetto metallico nella tasca anteriore della giacca, quindi proprio davanti all’Artva.. L’influenza di un corpo metallico o magnetico ridurrà la portata in emissione dell’Artva, falsando quindi le distanze. Considerando ciò, se il soccorritore è solo e deve scegliere quale vittima soccorrere per prima, se si basa solo ed esclusivamente sull’Artva, senza usare quindi la sonda, rischia di prendere la decisione sbagliata…

Un altro scenario da considerare è quello in cui la vittima ha perso il proprio Artva all’interno della valanga, per averlo indossato ad esempio all’esterno degli abiti. In questo caso, il soccorritore non avrà alcuna possibilità di trovare la vittima affidandosi all’Artva; se però ha con sé una sonda, avrà una, seppur minima, possibilità di toccarla, e se il gruppo è correttamente equipaggiato di sonde, si potrà iniziare una ricerca con le sonde…. meglio di niente, mentre si aspettano i soccorsi… !

Molti adepti della montagna, rimasti vittime di valanga si sono salvati per miracolo…

Due incidenti in particolare sono ben impressi nella memoria popolare:

In Ticino (Svizzera italiana) uno sci alpinista partito in solitario un mattino per fare una piccola uscita vicino casa e che è rimasto vittima di una placca , rimasto per 11h30 sotto la neve… i suoi amici, preoccupati della sua assenza al consueto aperitivo prima di pranzo, sono partiti alla sua ricerca 6h30 dopo l’incidente,.. se avesse indossato il suo Arva l’avrebbero ritrovato subito! Avrebbe quindi potuto essere salvato ben 5 ore prima.. gli amici e i soccorsi organizzati hanno dovuto sondare a tappeto la valanga per localizzarlo e finalmente liberarlo, ..vivo, fortunatamente!

In Vallese (Svizzera francese) un ragazzo, vittima di una valanga, è rimasto più di 17h sotto la neve prima di essere estratto, miracolosamente vivo, grazie ad una sacca di ossigeno !

Inoltre, anche se partiamo in solitario, possiamo essere chiamati a soccorrere altri scialpinisti in difficoltà, e in tale caso Artva, sonda e pala saranno assolutamente indispensabili – il picolo kilo essenziale…

Avere sempre con noi il materiale di sicurezza può rivelarsi fondamentale, tanto per noi che per gli altri! …e in più, ..è ottimo per l’allenamento!

 

L’Artva è uno strumento per la sicurezza, e di solito ci si rende conto del suo malfunzionamento solo quando se ne ha davvero bisogno!

Quindi bisogna far controllare l’Arva ogni 3 anni. Nell’utilizzo quotidiano, a volte è difficile (persino impossibile, se è stato preso a prestito o noleggiato) conoscere le vicissitudini di questo accessorio di importanza vitale! L’invecchiamento, gli shock subiti, le pile che hanno colato nel corpo dell’Artva perché a primavera, dopo l’ultima gita di stagione, ci si è dimenticati di toglierle (!)… tutto ciò può alterare, se non impedire completamente il buon funzionamento dell’Arva. Ogni inverno, circa il 5% degli Artva attivi non funziona a dovere: frequente la rottura dell’antenna, spesso all’insaputa dell’utilizzatore! Avere l’antenna rotta comporta una notevole riduzione della portata in emissione e delle prestazioni in ricezione. Quindi si raccomanda di far controllare l’Arva durante la stagione estiva, affinché tutto sia a posto quando cade la prima neve!

L’antenna emittente dell’Artva è fatta di ferrite, un materiale molto rigido e fragile, quindi in caso di shock violento può rompersi facilmente. In generale, quando si verifica uno shock è l’antenna più grande a rompersi, perché ha più inerzia nell’involucro.

Negli apparecchi di buona qualità, l’antenna è ben fissata e protetta, e la probabilità che si rompa in caso di shock è relativamente ridotta. Ma negli apparecchi di vecchia generazione e più economici, la qualità del fissaggio dell’antenna al corpo dell’Artva a volte lascia a desiderare, e anche uno shock non troppo forte può rendere l’antenna inutilizzabile, con conseguente forte riduzione del campo magnetico: il soccorritore che sta cercando a una normale distanza di fascia di ricerca può passare vicino a un Artva con l’antenna rotta senza riceverne segnali… In caso di dubbio, si può controllare lo stato dell’antenna con un test molto semplice:

allontanarsi di circa 100 m dall’Artva di cui si sospetta un malfunzionamento, poi avvicinarsi con la propria antenna ricevente disposta in emissione. Se il segnale viene captato solo a 30 m o meno, c’è sicuramente un problema. Bisognerà allora assolutamente evitare di fare un’escursione portando con sé quell’apparecchio, che va spedito al fabbricante per essere controllato e riparato.

 

Tutte le sorgenti elettromagnetiche – cellulare, radio, Gps, chiusure magnetiche della giacca – e gli oggetti metallici – coltello da tasca, astucci metallici vari, barrette energetiche o cioccolato impacchettato in alluminio, bibite energetiche o gel in packaging metallici etc. – influenzano la qualità del segnale emesso a 457 kHz.
Ogni qualvolta un oggetto metallico è troppo vicino al ARTVA in emissione, il campo elettromagnetico ne sarà molto disturbato, e può diminuire fino al 50%! Anche se la radio o il cellulare sono spenti, tale campo elettromagnetico sarà comunque perturbato, visto che sarà soprattutto la batteria ad influenzarlo 

  • In emissione: bisogna allontanare di almeno 20-30 cm dall’Artva ogni oggetto suscettibile di disturbare l’emissione del segnale. Conviene dunque evitare di tenere simili oggetti nella giacca direttamente davanti o di fianco all’Artva. Il corpo funge abbastanza da schermo, e quel materiale può dunque essere sistemato nello zaino senza correre rischi, oppure si può tenere l’Artva su un fianco. Si può testare personalmente l’influenza di questi oggetti anche a casa, per esempio appoggiando un astuccio metallico per occhiali all’antenna dell’Artva in emissione: il diodo smetterà di lampeggiare, l’Arva potrebbe bloccarsi completamente o continuare a emettere un segnale, che però sarebbe disturbato e quindi difficilmente captabile sul terreno da un altro Artva!

    (Il Il Pulse Barryvox e l’Element Baryvox reagiscono attivamente a questo disturbo lanciando un segnale d’allarme di 5 bip mentre sullo schermo compare la scritta « PERTURBATION 457 SEND » o «E3»)

  • In ricerca: Nell’estate del 2013 sono stati fatti dei test indipendenti che hanno confermato ciò che i professionisti della montagna avevano già notato questi ultimi anni: Tutti gli oggetti che creano un campo elettromagnetico perturbano enormemente i ARTVA in ricerca. Ecco una lista non esaustiva di tali oggetti, dalla testa ai piedi :
    Videocamera portata davanti al petto o sul casco, con telecomando bluetooth
    Lampada frontale LED al massimo della potenza
    Mp3 bluetooth
    GPS
    Orologio con GPS attivo
    Telefono cellulare
    Guanti riscaldanti
    Giacca riscaldante
    Calzini o scarponi riscaldanti
    Sonda e pala portati accanto al ARTVA in funzione di ricerca

    Tutti questi oggetti devono essere ad almeno 50 cm dal ARTVA (nello zaino!) Visto e considerato che essere in contatto con i soccorsi organizzati è di fondamentale importanza, bisogna dare il cellulare ad un altra persona che non partecipa attivamente alla ricerca! Se ciò non fosse possibile essendo da solo, non devo avere i due apparecchi nella stessa mano, e preferibilmente devo mettere il cellulare nella tasca posteriore dei pantaloni. Con il cellulare, si vede interferenze fino a 25m !

Piccoli test per prenderne coscienza:

Per il primo test, mettere un DVA in funzione “test di gruppo” ed accendere un secondo DVA in emissione. Mettere quindi un telefono cellulare o qualsiasi oggetto della lista precedente sul retro del DVA in emissione, più possibile vicino all’antenna principale. Il DVA in “test di gruppo” non reagirà alla distanza di 1 metro, ma dovrà essere avvicinato fino a 50 cm per ricevere il segnale. Ciò dimostrerà che qualcosa perturba l’emissione del ARTVA.

Per il secondo test, mettere un DVA in posizione di ricerca e mettersi a 4m di distanza tra gli apparecchi. (Lo schermo del DVA in ricerca deve mostrare 4m).
Mettere di nuovo il cellulare sul retro del DVA in emissione, il più possibile vicino all’antenna principale. La distanza che leggeremo sullo schermo sarà adesso quasi raddoppiata!

In pratica, quale sarà l’influenza di tali oggetti sui risultati della ricerca?

  • In fase di ricerca del primo segnale, un DVA con il campo magnetico perturbato potrà non essere captato all’interno delle larghezze raccomandate dei corridoi di ricerca!!!
  • In caso di vittime multiple, se il soccorritore non usa la sonda per accertarsi della profondità reale della vittima ma si fida solo dei dati del DVA, la scelta del primo scavo in funzione della profondità potrebbe essere sbagliata…

La sonda si rivela quindi indispensabile per localizzare con certezza la profondità di una vittima, anche se il soccorritore usa il più preciso dei DVA!

Per il terzo testo, mettiamo il DVA in emissione libero da perturbazioni. Mettiamo però la pala o la sonda in contatto con il DVA in ricerca. Vedremo che la distanza mostrata sullo schermo sarà di nuovo sbagliata, ed in più la freccia direzionale potrà anche girarsi completamente!

Attenzione: La sonda può causare un “effetto antenna” se viene posta superiormente alla vittima, perturbando in questo modo la ricerca finale. Si deve quindi evitare di posarla sulla neve sopra la vittima in questa fase! In più, si rischia che scivoli o rotoli a valle… Meglio piantarla nella neve a portata di mano fino al momento in cui dovremo usarla. Per trasportarla dalla prima alla seconda vittima senza perturbare il campo elettromagnetico è consigliato infilare il braccio nell’asola della cordicella in cima alla sonda. Se non ne avete una potete crearne una a casa…
La pala si porta attraverso le bretelle dello zaino, come una piccozza, passando il manico attraverso la bretella e passandola dietro la testa. Si ritroverà così tra lo zaino e la schiena, senza disturbare l’avvicinamento.

 

 

L’Artva a tripla antenna permette al soccorritore di captare intorno a sé – nelle tre dimensioni dello spazio – il flusso elettromagnetico dell’Arva sepolto.

Nella fase iniziale il primo segnale sarà di solito captato dall’antenna X, quella più grande, soprattutto se essa è tangenziale al flusso. Se invece questa si trova in posizione perpendicolare rispetto alle linee di campo, il segnale sarà captato dalla seconda antenna, che in genere è più corta e posta ad angolo retto rispetto all’antenna maggiore.

Il microprocessore dell’Artva in ricerca calcolerà allora la sua posizione in funzione del flusso della persona sepolta captato dalle 2 antenne, che hanno una posizione a croce rispetto al flusso stesso. Infine, all’incirca negli ultimi 8 metri, la terza antenna Z, verticale nel corpo dell’Artva, entra in funzione, completa le informazioni per evitare il falsi massimali e permette di indicare la posizione esatta al di sotto del soccorritore.

L’Artva a tripla antenna comporta dunque maggiore comodità e grande facilità di utilizzo, e soprattutto permette di risparmiare tempo prezioso nella fase della localizzazione di precisione.
La vittima sarà dunque localizzata con maggior velocità e sicurezza, senza esitazioni!

 

In linea di massima, l’antenna dell’Arva in ricezione può essere paragonata a un tubo che viene immerso in un ruscello:

  • se si immerge il tubo in perpendicolare rispetto alla corrente, entra acqua nel tubo, ma non prende velocità, quindi=> l’antenna non ottiene informazioni!
  • se si immerge il tubo di sbieco rispetto alla corrente, nel tubo ci sarà acqua con un po’ di velocità, quindi => l’antenna capta un’informazione, ma incompleta…
  • se infine si immerge il tubo allineandolo al flusso della corrente, nel tubo l’acqua avrà la stessa velocità del ruscello, quindi => l’antenna capta l’intero flusso elettromagnetico emesso dall’Arva della persona sepolta!

Partendo da questa constatazione, se si vuole avere la possibilità di captare il primo segnale durante la ricerca primaria, bisogna orientare l’antenna nel senso della corrente. Bisogna dunque far ruotare l’Artva lentamente di 90° sul suo asse orizzontale (in modo da coprire i 360° intorno al soccorritore), e portarlo in posizione verticale nel caso in cui la vittima fosse “seduta”, e quindi con l’Artva in posizione verticale.

Infine, e soprattutto, durante la ricerca del primo segnale la posizione della persona sepolta è sconosciuta! Si terrà conto dell’ampiezza delle fasce di ricerca dichiarata dal produttore dell’Artva, che influenzerà il percorso del soccorritore sul cono della valanga. Per ottenere ciò che si definisce come “portata minima utile”, che garantirà di non passare vicino alla vittima senza captarne il segnale, è assolutamente indispensabile che una delle antenne (se possibile la più grande, la X) sia parallela o tangenziale rispetto al suo campo elettromagnetico. E si può farlo solo facendo ruotare l’Arva come descritto più in alto. Solo così si avrà la certezza che l’Arva abbia potuto “ispezionare” l’intera estensione della fascia di ricerca, a sinistra e a destra…

Perché tenerlo vicino all’orecchio durate la ricerca del primo segnale? Non appena l’Artva capta il primo segnale, sarà l’orecchio a ricevere l’informazione, sia analogica che digitale. In più, quando si fa ruotare l’Arva vicino all’orecchio, gli occhi rimangono liberi di effettuare la ricerca visiva sulla superficie della valanga. Fissando lo schermo fin da subito, si rischia di passare vicino a un oggetto o a un piede della vittima visibili a 30-40 metri sulla superficie della valanga senza vedere nulla…

In effetti, in origine la frequenza dei 457 kHz fu scelta per le sue proprietà, ideali per questa applicazione: la perdita di portata che risulterebbe da una forte densità della neve o del ghiaccio ha un’influenza minima sulle prestazioni di trasmissione e di ricezione del segnale a 457 kHz.

Quindi si può dire che l’influenza della neve compatta sul flusso è quasi nulla.
Sì, ma con i migliori Artva diventa precisa solo negli ultimi 8 metri. Prima di allora è soltanto indicativa, e deve essere presa in considerazione soltanto per capire se ci si sta avvicinando o allontanando dalla persona sepolta: in quest’ultimo caso, conviene ruotare su se stessi di 180° e ripartire nella direzione opposta.

In più, bisogna tenere a mente che quella indicata sullo schermo è la distanza da percorrere sulla linea del campo elettromagnetico, quindi raramente su una linea retta, ma piuttosto con percorso ellittico.

La precisione di emissione dell’Artva sepolto ha un ruolo anche nella precisione della distanza indicata. Un vecchio Artva che emette un segnale al di fuori della norma di emissione di 457 kHz +/- 80 Hz diminuirà la precisione della distanza indicata sullo schermo dell’Artva del soccorritore.

 

 

La freccia sullo schermo è l’interpretazione della posizione nello spazio del flusso elettromagnetico emesso dall’antenna della vittima verso l’Artva del soccorritore in ricezione. È il risultato del calcolo effettuato dal microprocessore dell’Artva in base alle informazioni ricevute dalle sue due antenne X e Y sulla posizione del flusso emesso in relazione alla posizione del soccorritore sul terreno.

(Nell’informazione di direzione, l’antenna Z non interviene quasi: dà soprattutto informazioni che riguardano la profondità a fine ricerca).

=> Lo scopo del soccorritore deve essere quello di spostarsi in modo da portare la freccia progressivamente verso la parte alta dello schermo dell’Artva senza fermarsi e correggendo la propria traiettoria con piccoli tocchi, evitando movimenti bruschi.

 

La freccia di direzione mostra la direzione da prendere per poter seguire in maniera più “pulita” possibile la “linea di campo” che conduce alla persona sepolta. Il percorso sarà diretto solo in due casi:

  • quando il soccorritore è perfettamente allineato a una delle estremità dell’antenna emittente,
  • quando la vittima è “seduta” e la sua antenna sotto la neve è in posizione verticale.

In tutti gli altri casi il percorso fino alla vittima avrà una forma ellittica.
La direzione principale del soccorritore deve puntare il più rapidamente possibile verso la direzione indicata dalla freccia, ma non bisogna fermarsi per strada per ottimizzare a qualunque costo la direzione di marcia.

Bisogna assolutamente correggere la propria traiettoria che porta verso la vittima… il tempo scorre in fretta! Tuttavia, attenzione: mentre si segue la freccia, la distanza sullo schermo deve diminuire. Se così non fosse, bisogna ruotare di 180°.

Quando la distanza indicata sarà di circa 10 m, si potrà iniziare a rallentare l’andatura (senza fermarsi!) per permettere all’Artva l’aggiornamento delle indicazioni sempre più precise.

 

Il calcolo della posizione del campo elettromagnetico emesso dall’Artva della persona sepolta viene intepretato dall’Artva digitale sulla base delle informazioni captate dalle sue antenne X, poi X e Y, e alla fine del percorso da X, Y e Z.

Per poter effettuare questi calcoli, le antenne devono ricevere le informazioni stando in posizione orizzontale. La localizzazione della vittima può essere indicata in modo assai più regolare, i calcoli ne risultano semplificati e il tempo di ricerca ridotto.

In pratica, nel momento della ricerca sotto 10 sul schermo, si tiene l’Artva con due mani in orizzontale davanti a sé, con i gomiti vicini al corpo come se si impugnasse il manubrio di una bicicletta: le spalle, e quindi tutto il corpo, potranno seguire velocemente le correzioni della direzione imposte dall’Artva.

In questo modo si può effettuare l’avvicinamento in modo molto più tranquillo che se si spostasse l’Artva in ogni senso in modo disordinato… e, in definitiva, è l’unica posizione che permette all’Artva di indicare la direzione giusta da seguire.

Dopo un incidente da valanga, lo stress subito dalle persone che stanno cercando può essere aggravato dalla cattiva gestione dell’Artva da parte di chi, pur presente sul posto, non partecipa attivamente alla ricerca (emissione di segnali che possono disturbare la ricerca).

Quindi:

  • conviene allontanarsi di almeno 100 m, in modo da non disturbare le ricerche in corso con il proprio Artva in emissione. Bisogna comunque osservare attentamente il terreno evitando di mettersi sulla perpendicolare di una zona potenzialmente pericolosa, per esempio sopra o sotto i bordi di una placca a vento non ancora staccata, oppure sotto un couloir che potrebbe incanalare un’altra valanga.
  • se non ci si può allontanare, ma si è al sicuro e fuori dalla portata di una possibile seconda valanga, allora si spegne l’Artva.

se invece si partecipa alla ricerca, sondaggio e disseppellimento dei travolti, e contemporaneamente si è ancora potenzialmente esposti a una seconda valanga, si può mettere l’Artva in posizione di ricerca, sempre che l’apparecchio sia dotato di un sistema che dopo un po’ di tempo gli permette di tornare in emissione

(Nel Pulse Barryvox, la nuova funzione “SECCORSO SEND” è abbinata al rilevatore di movimento: finché il soccorritore si muove, l’apparecchio rimane in posizione di “STANDBY”. Non appena si immobilizza completamente per più di 3’40’’, il Pulse lancia un allarme di 20’’ per avvertire il soccorritore che sta tornando in emissione) 

In ogni caso, bisogna prestare attenzione al segnale d’allarme preventivo che l’Artva emette prima di tornare in emissione (non è così facile udirlo quando soffia il vento o l’elicottero sorvola il sito), e controllare regolarmente che non sia già tornato in emissione, in modo da non disturbare la ricerca ancora in corso nei dintorni!

Dopo un incidente da valanga, ogni secondo perso aggrava il bilancio finale! Se si ha un cellulare (o una radio) e c’è campo, allora bisogna lanciare immediatamente l’allarme, senza perdere tempo (eventualmente già mentre cade la valanga), usando questi numeri: 

112 (è il numero di soccorso europeo, che funziona su tutti i cellulari senza codice PIN o SIM, tranne in Germania, dove serve una carta SIM valida).

oppure i numeri del Soccorso Alpino:
19222 in Germania,
144 o 1414 in Svizzera,
140 in Austria
118 in Italia e Sud Tirolo.

Durante la chiamata, bisogna ricordarsi di precisare:

  • chi sta chiamando e da dove,
  • il tipo di incidente,
  • luogo e ora dell’incidente,
  • numero presunto di vittime e di superstiti,
  • misure già prese sul luogo dell’incidente,
  • meteo sul sito (vento, neve, visibilità a X metri).
  • non interrompere la comunicazione del proprio superiore!

Il tempo risparmiato in questi momenti dai soccorsi organizzati sarà forse molto prezioso qualche decina di minuti più tardi. In effetti, il tempo medio necessario alle squadre di soccorso per raggiungere il luogo di un incidente in montagna, secondo la lontananza, la quota e le condizioni atmosferiche, varia dai 10 ai 30 minuti con l’elicottero, fino a diverse ore via terra… Per questo motivo mentre si dà l’allarme bisogna iniziare immediatamente la ricerca visiva dal punto in cui i travolti sono scomparsi, senza perdere tempo!

Attenzione: se non ci sono mezzi di comunicazione oppure non c’è campo, si comincia innanzitutto a prestare soccorso ai propri compagni: il primo quarto d’ora che segue la caduta della valanga è vitale per la sopravvivenza delle vittime! Solo dopo aver disseppellito tutti i travolti e averli messi al sicuro, si potrà pensare di lasciare il posto per dare l’allarme…

I produttori raccomandano di cambiare le pile non appena il livello di carica che risulta dal test effettuato dall’Arva al momento dell’accensione è del 20%. Questo per garantire una carica minima di sicurezza, per non ritrovarsi con le batterie scariche durante un’escursione.

Prestazioni in funzione del livello di carica delle batterie:

Vale la pena sapere che le prestazioni dell’Arva digitale Pulse ne vengono condizionate in questo modo:

  • in EMISSIONE: con livello di carica al 0%, la perdita di portata dell’Arva in emissione è di circa 8 m rispetto alla portata massima di emissione con livello di carica al 100%.
  • in RICERCA: fino al livello di carica 0%, le prestazioni in ricezione rimangono inalterate (tuttavia bisogna fare attenzione: quando il livello scende al 20%, lo schermo mostra il simbolo della batteria scarica e lancia un allarme di 20’’, allo 0% l’Arva lancia un altro allarme di 20’’ e poi si spegne!).
No! Non bisogna mai, in nessun caso, utilizzare accumulatori o pile ricaricabili. In questi casi, il buon funzionamento di un dispositivo per la ricerca delle vittime da valanga non può essere garantito.

La curva di livello di carica di un accumulatore è molto diversa da quella di una pila. Quando l’accumulatore è quasi scarico, il suo livello di carica crolla rapidamente. In questo caso, il livello della batteria indicato all’accensione dell’Artva non corrisponde alla situazione reale, e non è escluso che l’apparecchio si possa bloccare durante l’escursione.

D’altra parte, il voltaggio degli accumulatori classici è di 1,2 volt mentre per le pile è di 1,5 volt, e questo può causare un abbassamento del livello delle prestazioni dell’Artva.

Ho scelto di acquistare un apparecchio dalle grandi prestazioni e piuttosto costoso per riuscire a soccorrere il più rapidamente possibile compagni e compagne di sventura.

Ma tutto ciò è inutile se cerco di risparmiare qualche centesimo usando sul mio Arva batterie di tipo economico!

Tutti i produttori di Arva raccomandano di usare esclusivamente pile alcaline LR03/AAA. Le pile alcaline sono ideale negli ambienti sottoposti a forti variazioni di temperatura, e si scaricano lentamente. L’indicatore del livello di carica dell’apparecchio è concepito per questo tipo di pile, e i valori indicati sono affidabili solo in questo caso.

Inoltre, in caso di mancato uso dell’Arva per un tempo prolungato (per esempio, in estate), bisogna assolutamente togliere le pile dall’apparecchio, per evitare che venga danneggiato da un’eventuale fuoriuscita dell’acido in esse contenuto.

LA REGOLA D’ORO DEL 3:

  • 3 pile alcaline nuove
  • 3 pile della stessa marca
  • 3 pile con la stessa data di scadenza

Sul mercato svizzero, le marche migliori sono: alcaline: Energizer Industrial LR03/AAA, Duracell Ultra LR03/AAA e Leclanché Professional LR03/AAA, lithium: Energizer Ultimate Lithium LR03/AAA e Energizer Advanced Lithium LR03/AAA.